E’ possibile pensare il corso organizzato nelle seguenti parti:
PARTE I - Le teorie classiche
Dopo aver esplorato il concetto di organizzazione e, quindi, precisato qual è il suo scopo e quale ruolo ricoprono le persone che in essa vi operano, si “passa alla storia”, ossia si analizza l’evoluzione della teoria organizzativa per capire da dove, come e per merito di chi si è iniziato a parlare di organizzazione. Si parte dai pionieri delle teorie classiche dell’Organizzazione, evidenziando gli elementi di attualità che queste ancora presentano. Tra i classici – fautori della soluzione universale – il primo autore è Weber, con il modello burocratico di cui si presenteranno anche le critiche, legate all’esistenza di disfunzioni non attese.
A seguire, si analizza poi il contributo di Taylor – teorico dell’Organizzazione Scientifica del Lavoro (OSL): l’organizzazione del lavoro deve essere basata su studi precisi e scientifiche. Per concludere le teorie classiche si affronta il contributo di Fayol, il padre della Scuola Amministrativa, che propone specifici principi di management quali fondamenta delle prassi manageriali e della progettazione organizzativa. Sempre seguendo una logica evolutiva, si prosegue analizzando quegli Autori che hanno focalizzato la loro attenzione sulla dimensione soft dell’organizzazione. Con Mayo si introduce il tema del fattore umano quale leva per agire sulla produttività dell’organizzazione, dando avvio alla Scuola delle Relazioni Umane.
Questa prima parte corrisponde alle videolezioni 1, 2 e 3.
PARTE II - La lettura del sistema organizzativo (I° parte): gli aspetti psico-sociali
Con la Scuola delle Relazioni Umane, a partire dagli anni ’50, si avviano e si moltiplicano gli studi sulla motivazione al lavoro.
Per una panoramica esaustiva di tali contributi, il focus del corso si articola secondo due direttrici: (1) le Teorie di Contenuto, per indirizzare l’attenzione su cosa “motiva le persone al lavoro”; (2) le Teorie di Processo, per analizzare in che modo si può intervenire sul processo motivazionale di un individuo. Sempre a livello individuale, si approfondiscono le differenze tra individui, ovvero le caratteristiche personali che variano da una persona a un’altra e possono essere fisiche, psicologiche o emotive. Queste differenze caratterizzano ogni individuo e lo rendendo unico. In particolare, si affronteranno le differenze rispetto alla personalità, agli atteggiamenti e alle emozioni, per esplorare il ruolo di questi elementi nella lettura e nella guida del comportamento in azienda. Dalla dimensione individuale ci si sposta verso l’analisi e la comprensione delle relazioni sociali all’interno delle organizzazioni indagando, in primis, il concetto di gruppo. Saranno chiarite le caratteristiche e le condizioni di efficacia di un gruppo di lavoro e quali sono gli aspetti costitutivi della comunicazione e del conflitto nei gruppi Sempre focalizzando l’attenzione sugli aspetti soft della gestione aziendale, si presenta l’approccio culturale come approccio fondamentale per comprendere l’agire sociale delle persone nelle organizzazioni. Inoltre, si esaminano lo stile di direzione e la leadership come altri meccanismi (oltre la cultura) attraverso cui esercitare un’influenza volta a coordinare i comportamenti delle persone.
Questa parte corrisponde alle videolezioni 4, 5, 6 e 7.
PARTE III - La lettura del sistema organizzativo (II° parte): le strutture organizzative e i sistemi di direzione
Si introduce il concetto di struttura organizzativa e si illustrano le dimensioni di progettazione.
Si illustrano le opzioni fondamentali di raggruppamento delle attività organizzative in strutture semplici, funzionali, divisionali e funzionali modificate. Da ultimo, sempre in ambito di strutture, si affronterà il tema della scelta delle strutture organizzative, ovvero un processo decisionale che risponde a tipici criteri di progettazione secondo una logica contingency, rappresentando l’anello di congiunzione tra variabili strategiche e l’organigramma. In seguito, si analizzano i sistemi di direzione, ovvero aggregati di attività trasversali e diffuse rispetto alla struttura organizzativa, il cui ruolo consiste nel permettere operativamente il funzionamento del sistema organizzativo inducendo adeguati stimoli di comportamento. Mentre la struttura organizzativa definisce gli elementi statici del sistema dei ruoli, i sistemi di direzione ne rappresentano la dinamica.
Questa parte corrisponde alle videolezioni 8, 9, 10, e 11.
PARTE IV - La progettazione delle organizzazioni
Con l’obiettivo di approfondire le dinamiche del comportamento degli individui si presenta il contributo di Simon, il quale studia il comportamento umano come frutto di decisioni a razionalità limitata, offrendo una nuova prospettiva di analisi agli studiosi organizzativi. Si entra poi nella logica contingency. Le organizzazioni non sono tutte uguali: soluzioni che funzionano in un contesto possono non funzionare in altri.
Le teorie contingenti partono dal presupposto secondo cui “it all depends”, ossia tutto dipende. È superata l’idea della soluzione universale a favore di una pluralità di alternative di organizzazione, ciascuna adattata al meglio alla propria situazione.
Il primo passo in questa direzione è compiuto da Woodward, che dimostra l’inesistenza di relazione tra i principi tayloristici e il successo economico delle imprese, ponendo l’attenzione sul rapporto tra configurazioni organizzative e tecnologia utilizzata nel sistema di produzione.
Burns & Stalker collegano, invece, il pluralismo organizzativo alle caratteristiche dell’ambiente.
Si presenterà poi il contributo di Thompson, il quale descrive: (a) l’impatto dei requisiti tecnologici sulla struttura, (b) come l’organizzazione procura numerose sfere di razionalità limitata, dovendo facilitare, quindi, anche l’azione coordinata di tali elementi interdipendenti.
Sempre nell’ambito delle teorie contingenti verrà presentato il contributo di Perrow, il quale indaga la relazione tra tecnologia e configurazioni organizzative.
Seguiranno Lawrence e Lorsch i quali sostengono che, anche nell’ambito della stessa organizzazione, i diversi settori organizzativi devono differenziarsi ed integrarsi per adattarsi alle diverse “situazioni” dell’ambiente esterno con il quale sono in stretto contatto.
Galbraith, poi, offre un modello pluri-causale di progettazione organizzativa: l’assetto organizzativo è funzione della predicibilità dei compiti. Al crescere del divario tra le informazioni necessarie e quelle disponibili aumenta la complessità da affrontare e cresce l’esigenza di ricorrere a strumenti organizzativi dotati di maggior potenza.
Questa parte corrisponde alle videolezioni 12, 13, 14, 15, 16, e 17.